Vittorio Sgarbi, uno dei critici d'arte più noti e controversi d'Italia, si prepara a tornare sulle scene con un nuovo libro intitolato "Il cielo più vicino. La montagna nell'arte", pubblicato da La Nave di Teseo, in uscita l'11 novembre. Quest'opera si propone come un viaggio inedito nel mondo dell'arte, esplorando l'importanza della montagna e della natura nella creazione artistica, un tema che ha affascinato molti maestri nel corso dei secoli.

Sgarbi, che negli ultimi mesi ha affrontato una fase difficile della sua vita a causa di una depressione, utilizza questo libro come un mezzo per esprimere la sua visione artistica e la sua passione per la montagna. L'influenza della natura sull'animo umano è un concetto centrale nel suo discorso. "Quando osserviamo le montagne, sentiamo qualcosa che non riguarda i nostri occhi, il nostro sguardo, ma qualcosa che riguarda la nostra anima", afferma Sgarbi, sottolineando come l'arte possa fungere da ponte tra l'uomo e il sublime.

Un viaggio nell'arte della montagna

Il libro di Sgarbi si sviluppa seguendo le orme di René de Chateaubriand, un autore che ha saputo cogliere l’essenza della natura nella sua scrittura. L’autore delinea un percorso artistico che va dal Trecento fino ai giorni nostri, dove la montagna viene interpretata in modi diversi dai più grandi artisti di ogni epoca.

  1. Giotto è considerato il primo pittore a rappresentare la montagna in maniera significativa, rendendola un elemento centrale nelle sue opere.
  2. Mantegna, Masolino, Leonardo e Turner sono solo alcuni dei nomi illustri che Sgarbi menziona, ma egli esplora anche figure meno conosciute che hanno contribuito a raccontare la storia della montagna.

La presenza delle Dolomiti nei quadri di Mantegna, la purezza dei paesaggi di Masolino o gli scorci aspri di Leonardo sono solo alcune delle interpretazioni che Sgarbi analizza, mostrando come, nel corso dei secoli, la montagna sia diventata un simbolo di spiritualità e bellezza.

L'essenza della montagna nel Novecento

L'autore non dimentica nemmeno i maestri del Novecento, come Ubaldo Oppi, Afro Basaldella e Tullio Garbari, che, pur provenendo da contesti provinciali, hanno saputo esprimere l'essenza della montagna nelle loro opere. Il libro diventa così un omaggio non solo ai grandi maestri, ma anche a coloro che hanno lavorato in silenzio, lontano dai riflettori, ma che hanno comunque lasciato un segno indelebile nel panorama artistico italiano.

Sgarbi ci guida attraverso un viaggio visivo che attraversa le Alpi e altre vette d'Italia, esplorando diverse correnti artistiche. La narrazione si arricchisce del realismo di Gustave Courbet, del simbolismo di Giovanni Segantini, dei colori vibranti di Vincent Van Gogh e dell'espressionismo di Edvard Munch. Il critico d'arte non esita a includere anche riferimenti alla fotografia e alla grafica, strumenti che hanno contribuito a raccontare la spiritualità delle terre alte con una "lingua nuova".

La montagna come simbolo eterno

Ma perché la montagna ha un fascino così profondo per gli artisti? Sgarbi risponde a questa domanda con una riflessione profonda: "Nulla è più vicino all'eterno della montagna e allo stesso tempo niente permette di intendere meglio i limiti dell'uomo, la sua fragilità". L'autore sostiene che l'uomo e la montagna condividono una storia intricata, che l'arte ha saputo narrare attraverso le sue diverse espressioni nel corso dei secoli.

Il libro non si limita a essere un semplice catalogo di opere, ma si configura come un vero e proprio saggio che invita il lettore a riflettere sulla relazione tra arte e natura. La montagna diventa così un simbolo di assoluto, un tema ricorrente che attraversa le epoche e le correnti artistiche, mantenendo sempre viva la sua essenza.

Sgarbi, noto per il suo stile provocatorio e le sue posizioni forti, riesce a trasmettere la sua passione per l’arte e la montagna con una scrittura evocativa e coinvolgente. "Il cielo più vicino" è quindi un'opera che promette di essere non solo un'analisi critica, ma anche un invito a riscoprire la bellezza della natura attraverso gli occhi degli artisti che l'hanno immortalata nel corso dei secoli. In un’epoca in cui il rapporto con la natura è sempre più messo in discussione, il libro di Sgarbi rappresenta un’opportunità per riflettere sulla nostra connessione con il mondo che ci circonda, attraverso il linguaggio universale dell'arte.

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