
L'estate 2023 segna un momento di trasformazione non solo per le temperature e le spiagge affollate, ma anche per il linguaggio e la cultura italiana. Un tema di grande rilevanza è emerso grazie all'Istituto dell'Enciclopedia Italiana, che ha avviato un ciclo di interventi dedicato al lessico migratorio. Tra le parole che hanno segnato la storia recente del nostro Paese, spicca la controversa espressione "vu cumprà", utilizzata per designare i venditori ambulanti. Approfondire la storia di questo termine è fondamentale per comprendere il suo impatto sociale e culturale.
L'origine di "vu cumprà"
La parola "vu cumprà" è apparsa per la prima volta nel 1986 in un articolo di Raffaella Candoli sul Resto del Carlino. L’articolo anticipava di un giorno un pezzo di Uber Dondini sulla Stampa, entrambi focalizzati sulle proteste dei commercianti romagnoli contro i venditori abusivi, la maggior parte dei quali proveniva dall’Africa. L'uso di questa espressione, con una forte connotazione razzistica e dispregiativa, ha cominciato a diffondersi rapidamente nei media italiani, diventando un termine ricorrente anche in programmi televisivi e dibattiti pubblici.
La diffusione del termine
Un momento cruciale nella diffusione di "vu cumprà" si è avuto nel 1988, quando Mazouz M'Barek, meglio conosciuto come Patrick, è stato invitato da Antonio Ricci a condurre il varietà "L'Araba felice". Patrick, un marocchino che si era fatto strada nel mondo dello spettacolo, ha contribuito a normalizzare il termine, ma ha anche scatenato polemiche su come gli immigrati venivano rappresentati nei media. Rocco Luigi Nichil, nel suo recente lavoro "R&S - Ricerca e soccorso. Piccolo dizionario di parole migranti", sottolinea come l'espressione "vu cumprà" abbia generato varianti dispregiative come "vu' emigrà," "vu' campà," e "vu' studià". Questa proliferazione di termini negativi ha radicato un'immagine stereotipata degli immigrati, creando un lessico che ha permeato la cultura popolare e la politica.
L'importanza del linguaggio
L'analisi di Treccani mette in evidenza come l'espressione sia stata utilizzata anche in ambito politico, trovando spazio nelle aule parlamentari. Rappresentanti di partiti diversi, dal PCI all'MSI, hanno impiegato questa locuzione in dibattiti pubblici, contribuendo a una cristallizzazione negativa dell'immagine degli immigrati africani. La reazione a questa crescente stigmatizzazione non si è fatta attendere. Nel 1989, l'ex parlamentare Dacia Valent scrisse sull'Unità un articolo in cui denunciava l'uso disumano di termini come "vu' cumprà," sottolineando l'importanza dei diritti umani per tutti, al di là della provenienza o del colore della pelle.
Negli anni '90, il termine ha cominciato a perdere terreno nel linguaggio quotidiano. Federico Faloppa, nel suo saggio "Razzisti a parole (per tacer dei fatti)," nota che "vu cumprà" ha imperversato nei media dalla seconda metà degli anni '80, ma ha visto una significativa riduzione delle citazioni a partire dal 1993, come evidenziato dalla banca dati del Corriere della Sera. Questo declino può essere attribuito a una crescente consapevolezza sociale riguardo al razzismo e alla necessità di un linguaggio più inclusivo.
Riflessioni sulla cultura e il linguaggio
Il lavoro di Rocco Luigi Nichil e della Treccani non si limita a una mera ricostruzione etimologica, ma invita a riflettere su come il linguaggio possa influenzare la percezione sociale e culturale degli immigrati. La storia di "vu cumprà" è un esempio lampante di come le parole possano essere utilizzate per marginalizzare e deumanizzare determinate categorie sociali. In un contesto in cui la sensibilità verso le questioni razziali è in continua evoluzione, è fondamentale interrogarsi su come le parole che utilizziamo possano riflettere e, al contempo, plasmare la nostra realtà.
In un'epoca in cui l'immigrazione è un tema di dibattito acceso, la revisione di termini come "vu cumprà" è più rilevante che mai. La società italiana si trova di fronte alla sfida di costruire una narrazione più positiva e inclusiva riguardo ai migranti, e il linguaggio gioca un ruolo cruciale in questo processo. La riflessione proposta da Treccani invita a ripensare il nostro uso del linguaggio, a riconoscere le sue origini e le sue implicazioni culturali, e a contribuire a un discorso pubblico che valorizzi la diversità e l'inclusione.
La parola "vu cumprà", quindi, non è solo un termine da archiviare nel passato, ma una lente attraverso la quale possiamo osservare e comprendere meglio i cambiamenti sociali degli ultimi decenni e le sfide che la nostra società deve affrontare per un futuro più giusto e equo.