
Il 10 settembre 2023, un attacco aereo condotto dalle forze israeliane ha provocato la morte di trentuno giornalisti e operatori dei media a Sana'a, capitale dello Yemen. Questo tragico evento è stato denunciato dal Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ), che lo ha definito il più letale attacco contro i reporter degli ultimi 16 anni. Si tratta del secondo massacro più significativo nella storia recente della violenza contro i giornalisti, dopo il noto massacro di Maguindanao nelle Filippine, avvenuto nel 2009, dove furono uccisi 58 giornalisti e sostenitori dei media.
L'attacco ha colpito un complesso che ospitava tre redazioni legate agli Houthi, un gruppo politico e militare yemenita. Secondo il ministero della Salute degli Houthi, il bilancio finale dell'attacco è di almeno 35 persone decedute, tra cui un bambino che accompagnava un reporter in redazione, e 131 feriti. La maggior parte delle vittime lavorava per il quotidiano "26 September", affiliato agli Houthi, o per un altro noto giornale yemenita.
la vulnerabilità dei giornalisti in conflitto
Nasser al-Khadri, caporedattore di "26 September", ha commentato l'accaduto definendolo "un attacco brutale e ingiustificato che ha preso di mira innocenti il cui unico crimine è stato quello di lavorare nel settore dei media, armati solo di penne e parole". Queste parole evidenziano la vulnerabilità dei giornalisti in contesti di conflitto, dove la loro funzione di informare viene spesso confusa con un ruolo militante.
In risposta all'attacco, l'esercito israeliano ha rilasciato una dichiarazione affermando di aver colpito "obiettivi militari" a Sana'a, specificando che il dipartimento di pubbliche relazioni degli Houthi era coinvolto in attività che diffondevano "terrorismo psicologico". Tuttavia, queste affermazioni sono state respinte da molti osservatori e difensori dei diritti umani, che denunciano l'uso di tale giustificazione per legittimare attacchi contro i media e i loro operatori.
un contesto di violenza sistematica
Il CPJ ha messo in evidenza che l'attacco in Yemen si inserisce in un contesto più ampio di violenze contro i giornalisti nella regione. Ecco alcuni dati significativi:
- 247 giornalisti uccisi a Gaza dal 7 ottobre 2023, secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani.
- In Libano, Israele ha ucciso giornalisti affiliati a canali pro-Hezbollah, considerati civili secondo il diritto internazionale.
Questi eventi sollevano interrogativi critici sulla protezione dei giornalisti in zone di conflitto e sul rispetto delle leggi umanitarie internazionali, che dovrebbero garantire la protezione di chi svolge un lavoro essenziale per la società.
Il contesto yemenita è già segnato da una crisi umanitaria devastante, alimentata da anni di conflitto tra le forze governative sostenute da una coalizione guidata dall'Arabia Saudita e gli Houthi. Questa guerra ha causato migliaia di morti e ha portato a una delle peggiori crisi umanitarie del mondo, con milioni di persone che necessitano di aiuti vitali. La violenza contro i giornalisti non fa che aggravare questa situazione.
la necessità di indagini e protezione
Le organizzazioni per i diritti umani e i gruppi di difesa della libertà di stampa hanno chiesto indagini indipendenti sugli attacchi contro i giornalisti e maggiore protezione per i professionisti dei media che operano in zone di conflitto. La comunità internazionale è chiamata a intervenire per garantire che i responsabili di tali violenze non restino impuniti e che venga garantita la sicurezza di chi, con il proprio lavoro, contribuisce a una società più informata e consapevole.
In questo contesto, è fondamentale che i governi, le organizzazioni internazionali e le istituzioni di rinomata reputazione si uniscano per fare pressione affinché venga rispettato il diritto alla libertà di stampa e per proteggere chi spesso rischia la propria vita per far conoscere la verità. La vita e il lavoro dei giornalisti non devono essere sacrificati sull'altare della guerra, e la società civile deve fare la sua parte per supportare e difendere coloro che si dedicano a raccontare le storie più difficili e più necessarie.