
La situazione a Gaza continua a essere drammatica, con il recente attacco alla chiesa della Sacra Famiglia che segna un nuovo capitolo di sofferenza e indignazione. Questo luogo di culto, l’unico cattolico nella Striscia, è diventato un rifugio per molte persone in fuga dalla violenza del conflitto israelo-palestinese. Dopo la messa mattutina, la chiesa è stata colpita da un proiettile d’artiglieria dell’IDF (Forze di Difesa Israeliane), causando la morte di tre persone e ferendo altre nove, di cui una in condizioni critiche e due in gravi condizioni. Tra i feriti, anche il parroco, padre Gabriel Romanelli, originario dell’Argentina, che ha ricevuto telefonate quotidiane da Papa Francesco per informarsi sulle condizioni della comunità cristiana a Gaza.
Il dolore e l'indignazione sono palpabili, soprattutto dopo che il Papa ha espresso le sue condoglianze per la tragedia. In una dichiarazione, Papa Leone XIV ha rinnovato il suo appello a un immediato cessate il fuoco, sottolineando la necessità di un dialogo e di una riconciliazione duratura. Questo messaggio di pace è particolarmente significativo in un contesto in cui la violenza sembra non avere fine e le vittime civili continuano a salire.
la giustificazione dell’attacco
Dopo l’attacco, l’esercito israeliano ha giustificato l’episodio come un "errore di tiro". Il premier Benyamin Netanyahu ha fatto eco a questa versione durante una telefonata con Donald Trump, esprimendo disappunto per l’incidente. L’IDF ha promesso di indagare sulle circostanze che hanno portato a questo tragico evento. Tuttavia, il ministero degli Esteri israeliano ha chiarito che Israele non ha mai intenzionalmente preso di mira chiese o siti religiosi, esprimendo rammarico per il danno causato a civili innocenti. Queste affermazioni, però, non riescono a placare l'indignazione della comunità internazionale, sempre più critica nei confronti delle operazioni militari israeliane.
le reazioni internazionali
La premier italiana Giorgia Meloni ha condannato l’attacco alla chiesa, definendolo "inaccettabile" e sottolineando che nessuna azione militare può giustificare un simile comportamento. Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso la sua preoccupazione, contattando il suo omologo israeliano per chiedere chiarimenti sull’incidente. Le parole di condanna si sono amplificate anche a livello internazionale, con Parigi che ha espresso la propria indignazione, ricordando che la chiesa della Sacra Famiglia è posta sotto la protezione storica della Francia in base a un accordo risalente agli inizi del secolo scorso.
Le immagini provenienti dalla chiesa mostrano danni significativi, con la parte superiore della facciata annerita, mentre la croce è rimasta intatta, simbolo di speranza in un contesto di devastazione. La notizia delle vittime ha colpito profondamente la comunità locale. Tra coloro che hanno perso la vita ci sono:
- Saad Issa Kostandi Salameh, 60 anni, portiere della parrocchia
- Foumia Issa Latif Ayyad, un'anziana di 84 anni
- Najwa Abu Dawud, deceduta poco dopo per le ferite riportate
il messaggio del patriarcato latino
Il Patriarcato Latino di Gerusalemme, guidato dal cardinale Pierbattista Pizzaballa, ha condannato fermamente l’attacco, esprimendo solidarietà alle vittime e alle loro famiglie. Tuttavia, il cardinale ha anche evidenziato che questa tragedia non è isolata, ma si inserisce in un contesto di sofferenza più ampio che ha colpito Gaza negli ultimi mesi. Secondo i dati forniti, nelle ultime 24 ore si sono registrate altre 94 vittime nella Striscia, un triste bilancio che segna il proseguimento di un conflitto devastante.
La nota del Patriarcato esprime un'accorata richiesta ai leader mondiali affinché si impegnino a fermare questa spirale di violenza, definita "umanamente e moralmente ingiustificabile". Con oltre 58.000 morti dall'inizio del conflitto, l’appello alla pace e alla fine delle ostilità diventa sempre più urgente. La comunità internazionale si trova di fronte a un bivio: continuare a condannare gli attacchi e a chiedere responsabilità, o prendere misure concrete per riportare la pace nella regione.
In un contesto così complesso, il dolore e la sofferenza dei civili, in particolare delle comunità più vulnerabili come quella cristiana, non possono essere ignorati. La speranza resta quella di un cambio di paradigma, dove il dialogo e la riconciliazione possano finalmente prevalere sulla violenza e sull’odio.