La scomparsa di Stefano Benni ha lasciato un vuoto profondo nel panorama culturale italiano, un vuoto che è stato parzialmente colmato dalla toccante commemorazione di Daniel Pennac. Durante la camera ardente all'Archiginnasio, Pennac ha reso omaggio all'amico scomparso con un intervento ricco di emozione e ironia, elementi che caratterizzano la scrittura e la vita di Benni.

Pennac ha paragonato la condizione di Benni a quella di Federico Fellini, il grande regista italiano, che ha vissuto un periodo di grande difficoltà a causa della malattia. "Stefano mi ha detto che è morto perché non poteva più sognare", ha dichiarato Pennac. Questa frase racchiude l'essenza della vita di un artista: il sogno è la linfa vitale della creatività. Per Fellini, i farmaci avevano bloccato la sua capacità di sognare, un'abilità che ha alimentato la sua arte per decenni. Analogamente, la malattia ha privato Benni di un elemento fondamentale: la risata. "Di colpo, la malattia gli ha tolto la capacità di ridere", ha proseguito Pennac, evocando il dono di umorismo che Benni ha condiviso con il mondo.

Stefano Benni è stato un autore capace di mescolare fantasia e realtà, creando mondi straordinari attraverso personaggi indimenticabili e situazioni surreali. La sua scrittura ha sempre avuto il potere di far ridere e riflettere, di farci sognare e interrogare sulla condizione umana. La risata di Benni non era solo un gesto divertente, ma una forma di resistenza, una risposta alle difficoltà della vita e alla gravità della condizione umana.

I ricordi di Pennac

Pennac ha condiviso alcuni degli scherzi e delle invenzioni più esilaranti che hanno caratterizzato la loro amicizia. Tra i momenti più divertenti, spicca l'idea di Benni di aprire uno studio di psicanalista per curare insetti e animali. L’immagine di una formica individualista o di un cane che non sopportava l’odore del proprio padrone è stata descritta con un misto di tenerezza e comicità, dimostrando la capacità di Benni di vedere il mondo attraverso una lente di meraviglia e ironia.

L'omaggio poetico

L'omaggio di Pennac ha raggiunto un picco di poesia quando ha descritto un incontro immaginario tra Benni e un angelo: "Questa notte ho visto Stefano, ha aperto il suo studio di psicanalista lassù. Il suo primo cliente è un angelo che soffre di vertigini". Qui, Pennac ha saputo cogliere l’essenza di Benni, un uomo che, anche nella scomparsa, continua a portare il sorriso e la riflessione, trasformando la sua assenza in un momento di connessione spirituale.

Inoltre, Pennac ha immaginato Dio come un cliente di Benni, un Dio depresso che desidera avere un giorno in più per completare la creazione e rendere l'uomo "un po' meno stupido, meno aggressivo, più tranquillo". Questa visione, ricca di ironia, mette in luce la critica sociale che pervade gran parte dell'opera di Benni. La sua scrittura è stata spesso una denuncia delle ingiustizie e delle assurdità del mondo, invitando i lettori a riflettere sulla loro esistenza.

L'eredità di Benni

La figura di Benni non è solo quella di un autore che ha saputo far ridere, ma anche di un pensatore che ha stimolato il dibattito su temi profondi e complessi. La sua capacità di affrontare la realtà con un sorriso, anche nei momenti più bui, è ciò che lo ha reso unico. La camera ardente è stata un momento di riflessione collettiva, un’occasione in cui amici, familiari e cittadini si sono uniti nel ricordo di un uomo che ha dato tanto alla cultura italiana.

La risata rimane un elemento centrale nel ricordo di Benni, un modo per onorare il suo spirito e continuare a portare avanti il suo messaggio di gioia e creatività. L’eredità di Benni si riflette nelle generazioni future di scrittori e artisti, che possono trarre ispirazione dal suo esempio. La sua capacità di trasformare la vita in arte, di rendere la quotidianità straordinaria, è un invito a tutti noi a non perdere mai di vista la bellezza e l'umorismo, anche nei momenti più difficili. La risata, come ha sottolineato Pennac, è un dono che possiamo e dobbiamo continuare a condividere.

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