
Un viaggio emozionante nell'infanzia, un tuffo nei ricordi di un'estate siciliana che si trasforma in un'esperienza di vita. "Gioia mia" è il primo lungometraggio di Margherita Spampinato, una regista che ha dedicato anima e corpo a questo progetto, scrivendolo, dirigendolo e montandolo personalmente. Presentato in concorso al Festival di Locarno nella sezione "Cineasti del Presente", il film si distingue per la sua autenticità e la profonda connessione con le esperienze vissute dall'autrice.
La trama e i personaggi
La trama ruota attorno a Nico, interpretato da Marco Fiore, un bambino costretto a trascorrere un'estate in Sicilia a causa del matrimonio della sua tata. Qui, la sua vita si intreccia con quella della prozia Gela, interpretata da Aurora Quattrocchi. Le due figure, un bambino e una donna anziana, rappresentano mondi completamente diversi:
- Razionalità e rapidità del giovane Nico
- Spiritualità e lentezza della prozia Gela
Questo scontro generazionale è il fulcro della narrazione, un conflitto che si manifesta in una serie di episodi di vita quotidiana, dai più banali ai più intensi.
Temi e riflessioni
Spampinato descrive il suo film come una riflessione su come l'infanzia sia permeata di pensiero magico. Anche nei momenti di conflitto, il bambino trova un modo per affrontare le sue paure e i suoi traumi, un tema universale che risuona con chiunque abbia vissuto un'infanzia complessa. Come scriveva lo scrittore Alessandro Baricco, la vita è costellata di domande a cui, prima o poi, si trovano risposte. Questo è particolarmente vero nel contesto del vecchio condominio in Sicilia, con i suoi soffitti affrescati e i cortili animati da bambini e nonne. La regista riesce a catturare l'essenza di questi luoghi, rendendoli quasi un personaggio a sé stante nel racconto.
L'esperienza personale di Margherita Spampinato
Margherita Spampinato attinge dalla sua esperienza personale per dare vita a "Gioia mia". Cresciuta in una famiglia laica e molto politica, la regista ricorda come le estati in Sicilia seguissero un ritmo completamente diverso.
- "Quando andavo da due zie, era come entrare in un'altra dimensione", spiega Spampinato all'ANSA.
- "Lì mi insegnavano le buone maniere, andavo in chiesa, facevo il pisolino. Era un modo di vivere che contrastava con la mia vita quotidiana".
Questi ricordi non solo arricchiscono il film, ma offrono anche uno spaccato della cultura siciliana, delle tradizioni e dei valori che caratterizzano l'isola.
Conclusione: un'esperienza da vivere
Il film di Margherita Spampinato, quindi, non è solo un'opera da vedere, ma un'esperienza da vivere, una finestra aperta su un mondo ricco di emozioni e significati. "Gioia mia" è un viaggio che ci porta indietro nel tempo, facendoci rivivere le estati spensierate di un'infanzia magica e complessa, in cui ogni incontro lascia un segno indelebile nel cuore. La regista riesce a esplorare temi complessi come l'identità, il passaggio dall'infanzia all'età adulta e le dinamiche familiari, invitando il pubblico a riflettere sulla propria infanzia e sulle relazioni che l'hanno plasmata.