La recente messa in scena di "The Turn of the Screw" (Il Giro di Vite) di Benjamin Britten ha catturato l'attenzione del pubblico romano, regalando un'esperienza intensa e inquietante. Questo capolavoro, composto nel 1954 su libretto di Myfanwy Piper e ispirato all’omonimo racconto di Henry James, ha saputo affascinare grazie alla bravura degli interpreti e alla potenza della musica, senza l'ausilio di effetti speciali o scenografie elaborate. La tensione palpabile e il senso di terrore avvolgente hanno reso l'opera un evento imperdibile al Teatro dell'Opera di Roma.
La regia di Deborah Warner
La regista Deborah Warner ha orchestrato un crescendo di emozioni, trasportando gli spettatori in una dimensione sospesa tra innocenza perduta e oscuro. I due piccoli orfani, Miles e Flora, si trovano stretti tra fantasmi e segreti inconfessabili. La visione di Warner si distingue per la sua sobrietà e per l'uso intelligente di uno spazio scenico ridotto, dove un fondo nero fa da sfondo alle apparizioni inquietanti illuminate da luci evocative di Jean Kalman.
I personaggi e le interpretazioni
La storia ruota attorno all’istitutrice, interpretata da Anna Proashka, assunta da un misterioso zio per prendersi cura dei due bambini nella solitaria tenuta di Bly. La sua accoglienza avviene attraverso la governante Mrs. Grose, interpretata da Emma Bell, che le racconta la tragica sorte della sua predecessora, Mrs. Jessel, e del maggiordomo Peter Quint, entrambi deceduti in circostanze misteriose. Questo preambolo sottolinea l’atmosfera di inquietudine che permea l’intera opera, dove si intrecciano relazioni ambigue e un silenzio carico di segreti.
I due bambini, interpretati da Zandy Hull (Miles) e Cecily Balmforth (Flora), si rivelano straordinari nel loro ruolo, portando sul palco una naturalezza che rende ancora più palpabili le tensioni emotive. La loro interpretazione, unita a quella di Ian Bostridge nel ruolo di Quint, ha suscitato lunghi applausi e una standing ovation al termine dello spettacolo. Bostridge, noto specialista del repertorio di Britten, ha già interpretato questo ruolo in precedenti allestimenti, portando con sé un’esperienza che arricchisce ulteriormente la performance.
La musica e l'atmosfera
La direzione musicale di Ben Glassberg ha saputo incanalare la tensione attraverso un organico ridotto a quindici strumentisti, alternando sonorità scarne e inquietanti a momenti di apparente calma. Questo approccio ha mantenuto alta la pressione emotiva, permettendo al pubblico di vivere un’esperienza coinvolgente e quasi claustrofobica. La regia di Warner, alla sua terza collaborazione con l'Opera di Roma, ha dimostrato ancora una volta la sua abilità nel trattare opere complesse e ricche di significato.
Le repliche dello spettacolo, programmate per il 25, 27 e 28 settembre, hanno già registrato un grande interesse, testimoniando la capacità di Britten di attrarre nuove generazioni di spettatori. Questo allestimento non è solo un omaggio a un grande compositore, ma anche un’opportunità per esplorare le sfide e le paure che caratterizzano l'infanzia.
In questo contesto di tensione e ambiguità, "The Turn of the Screw" si erge come un monito sulle conseguenze del silenzio e dell'ignoranza. La magia di Britten, abbinata alla maestria della regia di Warner e all’interpretazione dei suoi talentuosi artisti, ha fatto di questo allestimento un’esperienza indimenticabile, lasciando un'impronta duratura nella memoria di chi ha avuto la fortuna di assistervi.