
La compagnia italiana Motus torna a far parlare di sé con un'opera audace e provocatoria, presentando a Roma "Frankenstein_diptych (love story + history of hate)". Questo progetto si propone di esplorare le complessità delle relazioni umane attraverso l’icona di Frankenstein, creata da Mary Shelley nel 1818. In scena al Teatro Vascello dal 22 al 26 ottobre, il dittico rappresenta una fusione di emozioni che oscillano tra l’amore e l’odio, la creazione e la distruzione, e il desiderio e il rifiuto.
Ideato e diretto da Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande, lo spettacolo si distingue per la sua innovativa narrazione e per l'approfondimento delle fragilità esistenziali che caratterizzano la condizione contemporanea. Con l’ausilio di Tomiwa Samson, Segun Aina, Yuan Hu ed Enrico Casagrande stesso, Motus riesce a riunire in un'unica esperienza le due parti del progetto, rendendo visibile un dialogo interno che riflette le tensioni e le contraddizioni della società attuale.
Il primo atto: love story
Il primo atto, "love story" (2023), si concentra sulla solitudine e sull’isolamento di Mary Shelley, il suo contesto storico e le sue creature, che si presentano come corpi ibridi, marginali e inquieti. In questo segmento, Motus scava nei recessi dell’animo umano, esplorando il desiderio di connessione e la ricerca di relazioni affettive che si rivelano spesso impossibili. La creatrice, il creatore e la creatura diventano simboli di una stessa entità, un amalgama di esperienze che mette in luce il confine sottile tra l’umano e il non-umano, tra cura e abbandono.
I punti chiave di questo atto includono:
- Analisi delle dinamiche relazionali.
- Confronto con la paura del rifiuto.
- Necessità di amore e connessione.
Il secondo atto: history of hate
La seconda parte, "history of hate" (2025), rappresenta l'esito tragico di relazioni spezzate. Qui, l'amore negato si trasforma in odio, e l'incapacità della società di accogliere l’altro genera conflitto e rancore. La fragilità e la tenerezza, che nel primo atto erano palpabili, si frantumano, dando vita a un mostro che emerge tra le fiamme del rifiuto e della solitudine. Questo passaggio dall’amore all’odio diventa un grido di allerta, invitando a riflettere sulle conseguenze della mancanza di ascolto e della comprensione reciproca.
Un'opera di denuncia sociale
L’opera di Mary Shelley, "Frankenstein, or The Modern Prometheus", è stata spesso interpretata come una critica alla scienza e alla sua capacità di creare vita senza considerare le implicazioni etiche. Tuttavia, Motus offre una lettura contemporanea che va oltre il semplice tema della creazione. In un momento storico in cui la società è profondamente divisa, il dittico diventa un'opera di denuncia sociale, capace di far emergere le contraddizioni insite nel nostro modo di relazionarci con gli altri.
Inoltre, la scelta di rappresentare la creatura di Frankenstein come un simbolo di vulnerabilità e sofferenza rimarca il messaggio di empatia e comprensione. La compagnia Motus invita il pubblico a riconoscere la dignità di chi si trova ai margini, sottolineando che l’umanità non si definisce solo attraverso le nostre conquiste, ma anche attraverso le nostre fragilità e le relazioni che costruiamo.
Il Romaeuropa Festival, giunto alla sua edizione 2023, si conferma come un palcoscenico privilegiato per la sperimentazione artistica e per la riflessione critica sulle problematiche contemporanee. Con "Frankenstein_diptych", Motus non si limita a mettere in scena una storia, ma crea un'esperienza immersiva che solleva interrogativi sul nostro modo di vivere e di interagire. L’opera si configura così come un'opportunità per il pubblico di confrontarsi con le proprie emozioni e le proprie paure, rendendo la fruizione teatrale un momento di crescita e consapevolezza.
In un periodo storico in cui l'indifferenza sembra prevalere, il messaggio di Motus risuona forte e chiaro: la vera essenza dell’umanità si trova nella capacità di ascoltare, comprendere e accogliere l’altro, anche quando questo appare diverso o minaccioso. La visione di Nicolò e Casagrande non è solo un invito a riconsiderare il mito di Frankenstein, ma una chiamata all'azione per costruire relazioni più empatiche e inclusive, in un mondo che ha disperatamente bisogno di amore e comprensione.