
Maria Barosso è una figura di spicco nel panorama culturale di Roma all'inizio del XX secolo, un periodo di trasformazione urbana e architettonica. Prima donna funzionaria e unica disegnatrice presso la Direzione Generale Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione, Barosso ha giocato un ruolo cruciale nella documentazione visiva dei monumenti e degli scavi archeologici di Roma e del Lazio. La sua opera, composta da acquarelli e disegni, unisce l'accuratezza filologica a una sensibilità artistica che la distingue nel panorama delle arti visive del suo tempo.
La mostra su Maria Barosso
La mostra monografica "Maria Barosso, artista e archeologa nella Roma in trasformazione", inaugurata il 17 ottobre presso la Centrale Montemartini, offre una panoramica completa del lavoro di questa pioniera. L’esposizione, che rimarrà aperta fino al 22 febbraio 2026, riunisce circa 100 opere tra stampe, disegni e acquarelli. Questi lavori sono messi in dialogo con opere di altri artisti contemporanei, creando un tessuto narrativo che racconta non solo la vita artistica della città, ma anche il contesto sociale e culturale in cui Barosso ha operato.
- 80 acquarelli dell'artista, conservati nei depositi della Sovrintendenza Capitolina.
- Altri pezzi significativi, inclusi documenti storici e fotografie.
- Rappresentazioni del Compitum Ailium, un importante punto di intersezione stradale nell'antica Roma.
L'importanza della figura di Barosso
Maria Barosso, originaria di Torino e giunta a Roma nel 1905, ha vissuto un periodo di grandi cambiamenti. La sua carriera è iniziata in un’epoca in cui le donne erano raramente presenti in professioni tecniche e artistiche, rendendo il suo contributo ancora più significativo. La sua formazione e la sua passione per l’archeologia l’hanno portata a partecipare attivamente ai grandi cantieri di demolizione e costruzione che segnarono la capitale italiana nei primi decenni del Novecento. Ogni acquarello realizzato era un tentativo di catturare non solo la bellezza architettonica, ma anche la storia che si nascondeva dietro le pietre e le rovine.
Ilaria Miarielli Mariani, direttrice dei Musei Civici di Roma, ha sottolineato l'importanza di questo evento espositivo, evidenziando come l'opera di Barosso non solo documenti un’epoca, ma racconti anche storie umane e relazioni tra la città e i suoi abitanti. Attraverso i suoi disegni, Barosso ha saputo immortalare l’anima di Roma, una città in continuo divenire, dove il passato e il presente si intrecciano in una danza di forme e colori.
Un'arte al servizio della memoria
L’approccio di Barosso alla sua arte era caratterizzato da un’attenzione maniacale ai dettagli, permettendo di creare opere esteticamente piacevoli e strumenti di studio e ricerca. La sua capacità di coniugare precisione scientifica con sensibilità artistica ha fatto sì che le sue opere fossero utilizzate come riferimenti nei successivi studi archeologici e storici.
Il contesto in cui Barosso operava era segnato da un crescente interesse per la conservazione del patrimonio culturale, un tema di grande attualità ancora oggi. La sua figura si inserisce in un dibattito più ampio sulla tutela dei beni culturali, un tema che ha acquisito sempre più rilevanza con il passare degli anni.
La mostra alla Centrale Montemartini non è solo un tributo a Maria Barosso, ma anche un invito a riflettere su come l’arte possa servire a preservare la memoria collettiva di una città. Attraverso le sue opere, Barosso ci offre uno sguardo intimo e profondo su una Roma che sta scomparendo, ma che vive ancora nella memoria di chi ha avuto la fortuna di conoscerla.
In un mondo dove le immagini sono spesso evanescenti, l’opera di Maria Barosso si erge come un faro, illuminando la strada per una comprensione più profonda del nostro passato culturale e della bellezza che ci circonda. La mostra rappresenta quindi non solo un’opportunità per ammirare l’arte, ma anche un’occasione per riflettere sull'importanza della storia e della memoria nella costruzione della nostra identità collettiva.