
L'appello lanciato dal gruppo V4P (Venice4Palestine) ha acceso un acceso dibattito sulla presenza di celebrità come Gerard Butler e Gal Gadot alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Il 22 agosto, il collettivo di artisti, giornalisti e attivisti ha inviato una lettera all'organizzazione della Biennale di Venezia, chiedendo esplicitamente il ritiro dell'invito a questi attori, considerati sostenitori attivi di politiche che, secondo il gruppo, avrebbero contribuito a un genocidio in corso a Gaza e a pulizia etnica in Palestina.
La lettera, pur non siglata da nomi di spicco come la precedente che aveva raccolto oltre 1500 firme in pochi giorni, ha messo in luce la necessità di avere una posizione chiara da parte della Biennale riguardo alla situazione in Medio Oriente. V4P ha chiesto non solo il ritiro dell'invito, ma anche che lo spazio fosse dedicato a una delegazione di artisti palestinesi, che avrebbero sfilato sul red carpet con la bandiera palestinese. Questa richiesta sottolinea un desiderio di visibilità e giustizia per una causa che, a loro avviso, è ignorata dalla comunità internazionale.
La risposta della Biennale
La risposta dell'ufficio stampa della Biennale non si è fatta attendere, affermando che la Mostra è storicamente un luogo di confronto aperto, sensibile a tutte le questioni sociali urgenti. V4P ha colto questa apertura come un'opportunità, sostenendo che ascoltare le voci di chi soffre direttamente le conseguenze del conflitto è "necessario e urgente". Hanno suggerito che durante la cerimonia d'apertura venga dato spazio a noti artisti palestinesi, pronti a condividere testimonianze dirette della loro esperienza.
In questo contesto, il gruppo ha anche evidenziato il supporto alla manifestazione "Stop al genocidio - Palestina libera", in programma per il 30 agosto al Lido di Venezia, auspicando che la Biennale trovi il modo per favorirne lo svolgimento. La richiesta di V4P non si limita a un appello etico, ma si estende alla richiesta di una posizione attiva della Biennale contro il genocidio, chiedendo di interrompere qualsiasi partnership con organizzazioni che sostengono il governo israeliano.
Il sostegno della comunità artistica
La lettera ha trovato un riscontro incoraggiante da parte di alcuni settori del festival, come Giornate degli Autori e SNCCI - SIC, che hanno espresso solidarietà e apertura al dialogo. Tuttavia, il gruppo V4P ha manifestato il proprio disappunto per la risposta formale della Biennale, che ha evitato di affrontare i contenuti delicati e cruciali della loro richiesta.
Tra i firmatari della prima lettera, molti nomi noti del panorama cinematografico italiano hanno espresso il loro sostegno. Artisti come Marco Bellocchio, Laura Morante, Abel Ferrara e le sorelle Rohrwacher si sono uniti a un coro di voci che chiede giustizia e attenzione per i diritti umani in Palestina. Questo ampio consenso dimostra quanto la questione palestinese sia sentita non solo nel contesto internazionale, ma anche in quello culturale e artistico.
Le contraddizioni della Mostra
Nonostante la presenza di opere cinematografiche che affrontano tematiche legate alla Palestina, come "The Voice of Hind Rajab" della regista Kaouther Ben Hania, il gruppo V4P contesta la scelta della Biennale di onorare figure come Butler e Gadot, che, a loro avviso, sostengono attivamente le politiche israeliane. La contraddizione tra la celebrazione di opere artistiche che trattano il conflitto e la presenza di artisti considerati collusi con le violazioni dei diritti umani suscita interrogativi profondi sulla coerenza etica dell'evento.
Inoltre, l'assenza di riferimenti espliciti alla Palestina e alla situazione di crisi in corso da parte della Biennale è stata criticata da V4P, che si chiede come un luogo di arte e cultura possa rimanere silenzioso su questioni tanto urgenti. La richiesta di verità e giustizia risuona forte e chiara: per essere un vero "luogo di confronto aperto e sensibile", la Biennale deve affrontare le realtà scomode e le ingiustizie del mondo contemporaneo.
Il dibattito sulla presenza di celebrità alla Mostra di Venezia diventa quindi un microcosmo delle tensioni globali, riflettendo non solo le divisioni politiche, ma anche le responsabilità sociali degli artisti e delle istituzioni culturali. In un periodo in cui le voci di protesta si fanno sempre più forti, la Biennale di Venezia si trova a un bivio: continuare a celebrare il glamour e il successo commerciale o ascoltare le istanze di chi lotta per la dignità e i diritti fondamentali di un popolo oppresso.