Il 2 novembre 1975 ha segnato un momento cruciale nella storia della cultura italiana. Quel giorno, Andrea Andermann, regista e documentarista, stava parlando al telefono con Alberto Moravia, uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, per pianificare un viaggio in Africa. La conversazione fu bruscamente interrotta da una notizia devastante: Pier Paolo Pasolini, il poeta, regista e intellettuale di sinistra, era stato assassinato all'Idroscalo di Ostia. La reazione immediata di Andermann e Moravia fu quella di recarsi sul luogo della tragedia, dove trovarono solo due oggetti: un mattone frantumato e una trave, entrambi macchiati di sangue. Questi segni visibili di violenza lasciavano intravedere la confusione e l'approssimazione delle indagini. Andermann rievoca quel momento con una lucidità sorprendente: "Moravia e io cercammo a lungo dove avessero portato il corpo. Invano". Quella mattina segnava non solo la fine di Pasolini, ma anche l'inizio di un'era di interrogativi e misteri che avrebbero continuato a circondare la sua figura.
Un tributo a Pasolini
Quattro anni dopo, nel 1979, Andermann decise di rendere omaggio a Pasolini attraverso un'opera cinematografica che fosse un tributo alla sua memoria. "Castelporziano, Ostia dei poeti" è un film che reinterpreta l'assenza di Pasolini, facendolo diventare una presenza costante nella narrazione. Rai Documentari ha recentemente restaurato questa opera, rendendola disponibile al pubblico il 1° novembre alle 00.30 su Rai 3, in coincidenza con il cinquantennale della morte del poeta. Questo film non è solo un ricordo, ma un viaggio attraverso il tempo che intreccia poesia e cronaca, utilizzando come filo conduttore le parole profetiche di Pasolini sulla sua stessa fine, pronunciate nel 1962 ne "La Guinea".
Il Festival della Poesia
La storia narrata da Andermann si concentra su un periodo di tre giorni, dal 28 al 30 giugno 1979, durante il Primo Festival Internazionale della Poesia, che si tenne proprio a Castelporziano. Questo evento, che radunò trentamila giovani, rappresentò una vera e propria ribellione culturale. I poeti italiani, pur di fronte a una folla che si scagliava contro di loro, furono affascinati dalle voci della Beat Generation, tra cui:
- Allen Ginsberg
- William Burroughs
- Gregory Corso
- LeRoy Jones
- Evgenij Evtušenko
L'atmosfera era carica di tensione e di una ricerca di libertà espressiva che caratterizzava quegli anni tumultuosi. Andermann ricorda con vividezza l'energia di quei giorni: "Seguimmo l'evento nel suo fluire sopra e sotto quel palcoscenico, nel materializzarsi di una poesia mai vista prima". La creatività si mescolava con il caos, affermando la libertà di espressione.
L'intersezione tra arte e cronaca
La Rai portò questo racconto in televisione nel 1980, e la narrazione di Andermann non si limitò a esplorare il mondo della poesia, ma si intrecciò con eventi di cronaca drammatici. Proprio in quei giorni, un incidente marittimo, in cui un mercantile francese collise con una nave cisterna italiana, provocò incendi che devastarono il mare davanti alla spiaggia del Festival. Questi eventi tragici arricchivano la narrazione, mostrando come vita e morte, arte e cronaca, si intersecassero in modi inaspettati.
Andermann esprime l'emozione di vedere il suo film tornare in onda, considerandolo un omaggio a Pasolini. Ricorda con nostalgia due momenti significativi legati al poeta. Il primo è rappresentato dalle parole pronunciate da Pasolini nell'ultima intervista a Furio Colombo, il giorno prima della sua morte: "Il senso di tutto è che tu non sai neanche chi adesso sta pensando di ucciderti, perché siamo tutti in pericolo". Queste parole risuonano come un presagio inquietante, evidenziando la vulnerabilità di un intellettuale che si era sempre schierato dalla parte dei più deboli.
Il secondo ricordo è dell'urlo di Moravia al funerale di Pasolini, quando proclamò: "Il Poeta dovrebbe essere sacro". Questa affermazione sottolinea la sacralità della figura di Pasolini, la cui morte prematura ha lasciato un vuoto incolmabile nel panorama culturale italiano. La sua assenza continua a essere presente, quasi come un'ombra che aleggia sulle generazioni successive di artisti e poeti, ispirando e sfidando a riflettere sulle ingiustizie del mondo.
In questo modo, il lavoro di Andermann diventa non solo un tributo a Pasolini, ma anche una riflessione sull'importanza della poesia e dell'arte come strumenti di resistenza e di verità. La sua capacità di catturare l'essenza di un'epoca e di un individuo così complesso e controverso rappresenta un contributo significativo alla narrazione della cultura italiana contemporanea.